Impero Napoleonico.

Cartina dell'Italia

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IMPERO NAPOLEONICO

(1804-1815). Forma costituzionale assunta dallo stato francese per volere di Napoleone Bonaparte. Il primo impero fu proclamato in Francia il 2 dicembre 1804. Uscita, con il consolato, da un decennio di forti tensioni politiche e sociali, la Francia era attraversata dall'ansia di ritrovare stabilità e ordine. Era il momento propizio perché emergessero sulla scena politica forti personalità capaci di selezionare le riforme e radicare le conquiste rivoluzionarie sconfiggendo, però, lo spirito "fazionario". Napoleone si propose come garante di una nazione riunita intorno alla sua persona, rendendo possibile, con la sua incoronazione, un compromesso fra tradizione monarchica e spirito democratico, creando un impero che ricercava il consenso delle masse popolari, ma le riconduceva, dopo la fase dell'attivismo rivoluzionario, a una condizione di consenso passivo. La nuova Francia imperiale dava così al resto dell'Europa un'immagine rassicurante di sé, scongiurando la controrivoluzione, ma consolidando al tempo stesso le principali conquiste del riformismo settecentesco e della rivoluzione. L'impero poggiava, all'interno, su una struttura amministrativa radicalmente innovata e razionalizzata, centrata sulla figura dei prefetti (eredi degli intendenti dell'ancien régime). In politica estera si fondava, invece, sull'impero coloniale, sul protezionismo economico e sull'espansionismo politico e militare. Fu travolto con le sconfitte napoleoniche in Russia, in Spagna (1812), a Lipsia (1813) e, infine, a Waterloo (1815).

Secondo impero (1852-1870)

A. Carrino

L. Bérgeron, Napoleone e la società francese, Guida, Napoli 1975; J. Godechot, Les institutions de la France sous la Révolution et l'Empire, Puf, Parigi 1968; G. Lefèbvre, Napoleone, Laterza, Bari 1971.

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SECONDO IMPERO

(1852-1870). Regime della Francia succeduto alla Seconda repubblica. Fu preparato dal colpo di stato di Luigi Napoleone Bonaparte (2 dicembre 1851). Presidente della repubblica, egli, dopo aver represso l'opposizione e rafforzato il potere esecutivo a scapito del legislativo con la Costituzione del gennaio 1852, fece successivamente deliberare (21-22 novembre 1852) la restaurazione dell'impero napoleonico, proclamato all'indomani del plebiscito del 2 dicembre 1852. Divenuto imperatore dei francesi col nome di Napoleone III, impresse un notevole impulso alla vita industriale e finanziaria della Francia: sviluppò le infrastrutture, varò importanti trasformazioni urbane (a Parigi e a Lione), patrocinò l'affermazione di un capitalismo autoctono, mercé una legislazione liberistica che preluse al trattato di libero scambio con la Gran Bretagna (1860). Il Secondo impero fu caratterizzato inoltre dal rafforzamento delle organizzazioni della classe operaia e da notevoli cambiamenti culturali, come la diffusione delle dottrine positivistiche e socialiste e il successo del realismo in letteratura. Sotto il profilo politico il regime conobbe una forte evoluzione. All'autoritarismo degli anni 1852-1860, contraddistinto dalla limitazione delle libertà, dal controllo dell'insegnamento, dall'esaltazione del potere personale di Napoleone III e infine, dopo l'attentato di Orsini (1858), da un'ulteriore repressione delle opposizioni, succedette una fase "liberale", che consentì al Corpo legislativo (parlamento) di recuperare in parte le prerogative perdute. Il riconoscimento del diritto d'interpellanza (1867) ai deputati e del diritto di sciopero ai lavoratori introdussero, nel 1869-1870, un periodo di ulteriore liberalizzazione nel corso del quale il primo ministro Ollivier riuscì a consolidare le attribuzioni spettanti al parlamento, trasformando il Senato in una seconda camera elettiva. Poté così formarsi una forte opposizione legale, repubblicana e socialista. Nonostante i successi registrati da Napoleone III in politica estera (la vittoria in Crimea, 1854-1856; la campagna d'Italia, 1859; l'espansione coloniale in Africa e in Oriente), il nodo permanente della questione romana e la fallimentare spedizione in Messico (1860-1867) contribuirono, insieme con il deterioramento delle relazioni con la Prussia e la pressione della sinistra interna, alla rapida crisi del regime. Scoppiata la guerra franco-prussiana nel 1870, in seguito alla disfatta francese di Sedan (2 settembre), il Secondo impero cessò di esistere il 4 settembre, e le redini del potere passarono a un governo di difesa nazionale.

R. Balzani

4 P. Farmer, Il secondo impero in Francia, in Storia del mondo moderno, vol. X, Garzanti, Milano 1970.

QUESTIONE ROMANA

(1860-1929). Problema politico concernente la legittimità del potere temporale dei papi e la sopravvivenza di uno stato pontificio indipendente con piena sovranità sulla città di Roma, dopo l'unificazione italiana. Benché il problema fosse stato ampiamente dibattuto anche nel Settecento, la questione assunse una concreta rilevanza politica nel momento in cui la formazione dello stato italiano si compì a danno dello Stato della Chiesa. I plebisciti del 1860, che tolsero a Pio IX le legazioni, le Marche e l'Umbria, e più ancora l'orientamento anticlericale di una porzione consistente della classe dirigente, innescarono un intenso travaglio politico-diplomatico, caratterizzato, in una prima fase, dalla soluzione di compromesso della Convenzione di settembre (1864), poi, caduto Napoleone III e occupata Roma, dal varo della legge delle guarentigie (1871). Duramente osteggiata dalla Chiesa (di qui il non expedit, 1874), ma anche dai laici più intransigenti, la legge rimase in vigore fino ai Patti lateranensi (1929), con i quali il pontefice riconosceva per la prima volta lo stato italiano e quest'ultimo restituiva alla Santa sede un simulacro di sovranità territoriale: la Città del Vaticano.

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CONVENZIONE DI SETTEMBRE

(1864). Accordo tra il governo italiano e quello francese che prevedeva il graduale ritiro (nell'arco di un biennio) delle truppe di Parigi da Roma e il contestuale rispetto del principio del non intervento, l'impegno italiano a impedire qualsiasi attentato contro l'integrità dello Stato della Chiesa e a trasferire la capitale da Torino a Firenze entro sei mesi.

GUARENTIGIE, LEGGE DELLE

(13 maggio 1871). Atto unilaterale con il quale il governo italiano regolò i propri rapporti con il Vaticano dopo l'occupazione di Roma del 1870. Restò in vigore fino al concordato del 1929. Respinta dal papa, gli assicurò tuttavia il libero esercizio del potere spirituale, l'inviolabilità e l'immunità dei luoghi ove risiedeva.

NON EXPEDIT

(1874-1913). Formula latina (non conviene) con cui la Santa sede il 10 settembre 1874 espresse parere negativo sulla partecipazione dei cattolici italiani alle elezioni e in generale alla vita politica dello stato. Il divieto, attenuato dall'enciclica di Pio X Il fermo proposito (1905), che permise la partecipazione alle elezioni in speciali circostanze riconosciute dai vescovi e fu attuata col patto Gentiloni (1913), fu abolito nel 1919.

PATTI LATERANENSI

(11 febbraio 1929). Firmati dal cardinale Gasparri per la Santa sede e da B. Mussolini come capo del governo italiano, posero fine alla questione romana. Erano costituiti da tre atti distinti: un trattato, una convenzione finanziaria e un concordato. Il trattato garantiva alla Santa sede un'assoluta indipendenza, riaffermando che la religione cattolica è la sola religione di stato (articolo 1 dello Statuto), e riconosceva la Santa sede come soggetto del diritto internazionale in quanto stato della Città del Vaticano. La Santa sede riconosceva il Regno d'Italia con la capitale a Roma. La convenzione finanziaria impegnava l'Italia a riparare i danni inferti alla Santa sede con l'occupazione di Roma nel 1870 dietro versamento di 750 milioni di lire in contanti e di un miliardo in titoli di stato al cinque per cento. Il concordato imponeva ai vescovi di giurare fedeltà allo stato italiano, ma soprattutto stabiliva alcuni sostanziosi privilegi per la Chiesa cattolica: al matrimonio religioso venivano riconosciuti effetti civili e le cause di nullità ricadevano sotto i tribunali ecclesiastici; l'insegnamento della dottrina cattolica, definita fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica, diventava obbligatorio nelle scuole elementari e medie; i preti spretati o colpiti da censura ecclesiastica non potevano ottenere o conservare nessun impiego pubblico nello stato italiano. I Patti lateranensi costituirono per il regime fascista una preziosa legittimazione; legando il concordato, cui soprattutto teneva, al trattato, a sua volta la Chiesa si garantì da mutamenti unilaterali al primo riservandosi la possibilità di riaprire la questione romana. Dopo la caduta del fascismo il concordato fu oggetto di un'aspra battaglia politica durante i lavori dell'Assemblea costituente. La Democrazia cristiana sostenne quello che sarebbe poi diventato l'articolo 7 della Costituzione repubblicana che recepiva il complesso dei Patti come base dei rapporti fra stato e Chiesa e stabiliva che il concordato poteva essere modificato unilateralmente dallo stato italiano solo attraverso la stessa complessa procedura prevista per la revisione della Costituzione. Le forze laiche presenti nell'Assemblea costituente si opposero a questa soluzione, che recepiva surrettiziamente nella Costituzione punti del concordato palesemente in contrasto con le sue disposizioni in materia di libertà religiosa. L'articolo 7 fu infine approvato con l'essenziale contributo del voto favorevole del Partito comunista, motivato dalla volontà di evitare che la repubblica nascesse senza il riconoscimento della Chiesa e con il rischio di aggiungere una divisione religiosa ai molti motivi di debolezza della nuova costruzione politica che già esistevano.

S. Guarracino

GENTILONI, VINCENZO OTTORINO

(Filottrano 1865 - Roma 1916). Politico italiano. Fu presidente dell'Unione elettorale cattolica dal 1909 al 1916. Porta il suo nome il patto stretto con i liberali in vista delle elezioni politiche del 1913, le prime tenute a suffragio universale. In base a esso i cattolici sostennero quei candidati liberali che si impegnarono a non promuovere leggi anticlericali.

VATICANO

Località alle porte di Roma, sul lato destro del Tevere, ove la leggenda vuole che Nerone facesse uccidere alcuni martiri cristiani, tra i quali l'apostolo Pietro, forse nel 67. Lì Costantino fece erigere la prima basilica di San Pietro (326-333) e nel 1378, al rientro dalla cattività avignonese, fu fissata la sede del papa e della curia. Cinto da Leone IV dalle "mura leonine", collegate tramite un apposito passaggio con Castel Sant'Angelo, di guardia sul fiume, si riempì di inestimabili tesori d'arte grazie alla magnificenza pontificia del XV-XVII secolo. Nel 1870, alla conquista di Roma da parte del Regno d'Italia, Pio IX vi si rinchiuse dichiarandosi prigioniero e respingendo la legge delle guarentigie. Con i Patti lateranensi del 1929 si costituì invece lo Stato della città del Vaticano, sovrano e tutelato in ambito internazionale nonostante l'esiguità del territorio (0,44 km) e della popolazione (poco più di mille abitanti).

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